di Debora Piccolo
da www.habitatrupestrepuglia.it
Similitudini e differenze dell’Habitat Rupestre nei paesi del Mediterraneo; conservazione e tutela dei beni monumentali e del patrimonio paesaggistico; metodi di studio e di ricerca innovativi impiegati per l’esatta conoscenza del territorio; divulgazione della conoscenza attraverso la realizzazione di un Centro di documentazione. Di questo si è parlato al convegno “L’habitat rupestre nell’area mediterranea: dall’archeologia alle buone pratiche per il suo recupero e la tutela“, organizzato dall’Archeogruppo “Espedito Iacovelli”, tenutosi a Massafra e a Palagianello dal 29 al 31 ottobre scorso. L’evento, patrocinato da Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Massafra, Comune di Palagianello, Dipartimento Jonico dei Sistemi Giuridici del Mediterraneo dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Istituto tecnico agrario “Mondelli” di Massafra, Diocesi di Castellaneta e Museo del Territorio di Palagianello, è stato propedeutico allo sviluppo del progetto “Cultural Rupestrian Heritage in the Circum Mediterranean Area: Common Identity – New Perspective“. Un progetto importante, finanziato in parte dalla Comunità Europea, che vede coinvolti, oltre all’Archeogruppo di Massafra, la Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, le Università di Valencia (Spagna), di Parigi La Villette (Francia), di Atene (Grecia) e di Istanbul (Turchia) e che prevede, come atto di sintesi dei lavori da svolgere nel prossimo biennio, la fondazione, a Massafra, di un Centro di Documentazione del Rupestre Circum Mediterraneo. Il convegno ha aggregato oltre cinquanta studiosi provenienti da diversi paesi dell’area mediterranea che si sono confrontati sui numerosi aspetti che caratterizzano l’affascinante mondo del rupestre. «È stato pienamente conseguito quello che era il fine del convegno – dichiara il professor Roberto Caprara, coordinatore dell’iniziativa – e cioè, l’incontro tra i tanti esperti che, per la prima volta, sono stati insieme a dialogare tra loro e a gettare le basi per una solida collaborazione futura. Il convegno è stato caratterizzato da una serie di interventi tutti originali e di altissimo spessore culturale e scientifico, perché – precisa Caprara – abbiamo chiamato a raccolta gli studiosi che effettivamente lavorano nel rupestre, i quali propongono metodi di studio dei luoghi altamente innovativi, stabilendo anche la cronologia degli insediamenti, grazie alla quale stiamo cominciando a scoprire alcune differenze prima sconosciute». In merito alle similitudini e alle differenze che caratterizzano l’area del Rupestre nel Mediterraneo, Caprara sottolinea come vi siano delle differenze areali: «Il rupestre – spiega – è un’esperienza comune a numerose civiltà che si sono succedute nel tempo nell’area mediterranea, però sono stati i condizionamenti locali a determinarne le caratteristiche: nella Puglia jonica ci sono le grandi gravine e quindi i grandi villaggi; nella Puglia adriatica le piccole lame e i piccoli villaggi; in Cappadocia, grandi monasteri e grandi chiese; nel resto dell’Anatolia, piccole chiese e piccoli monasteri. Tutto è determinato dalla pressione antropica». E quando gli si chiede degli elementi distintivi del rupestre pugliese, infine, Caprara evidenzia la dimensione dei villaggi, la dignità architettonica di moltissime chiese e la ricchezza dell’arredo dipinto. Soddisfatto per la riuscita del convegno anche il presidente dell’Archeogruppo Antonio Caprara, il quale ha posto l’accento sulla rilevanza aggregativa che ha prodotto l’evento, grazie al quale in tanti hanno potuto comprendere come il rupestre non sia solo la chiesa affrescata, bensì una grande realtà che comprende numerosi altri aspetti. Caprara ha anche rimarcato l’importanza di aver presentato l’intero progetto europeo agli Enti locali, i quali hanno potuto cogliere ed apprezzare il valore culturale. Il progetto, come sottolineato dalla coordinatrice Carmela Crescenzi, docente dell’Università di Firenze, è stato il primo classificato su 108 ammessi a finanziamento dalla Comunità Europea. L’obiettivo è quello di creare una rete tra gli studiosi dei vari settori finalizzata allo svolgimento di numerose attività utili alla diffusione della conoscenza del rupestre, come, ad esempio: censire gli insediamenti; classificare le strutture ipogee; promuovere la conoscenza degli insediamenti nel loro assetto urbano e bioclimatico valorizzando, oltre ai monumenti più noti, l’aspetto quotidiano del vivere in grotta; rappresentare i siti della cultura rupestre e renderne accessibili i dati; promuovere la conservazione e lo sviluppo degli stessi favorendo nuove prospettive. E sulla tutela e conservazione dei beni, infine, l’avvocato Giulio Mastrangelo, coordinatore del convegno, lancia un monito ai proprietari dei beni e alle pubbliche istituzioni, affinché esercitino il dovere di conservare, tutelare e valorizzare le ricchezze paesaggistiche e monumentali, patrimonio comune di pubblica fruizione. Al termine del convegno, gli organizzatori hanno rinnovato l’appuntamento a Massafra, in occasione della Giornata annuale sul Rupestre, nel prossimo mese di Aprile, con un workshop nel corso del quale sarà fatto il punto sulle attività future che interesseranno il Centro di documentazione e i rilievi degli insediamenti rupestri meno noti.
Convegno molto interessante per via dei numerosi contributi.
Il convegno ha dato voce alla ricerca evidenziando come geograficamente e scientificamente il rupestre trovi più spazio di quel che normalmente si creda. Infatti numerosi professionisti si son presentati ed han presentato il rupestre. Fra loro archeologi, ingegneri, architetti, storici, geologi. Ognuno con una personale visione sul fenomeno o con una metodologia particolare di studio. Questo ha permesso un confronto fra diversi campi e, mi auguro, servirà per migliorare i risultati ed i metodi dei lavori futuri.