Ritengo mio diritto-dovere come cittadino di Massafra nonchè come persona “informata sui fatti”, di intervenire nel vivace dibattito in corso sul raddoppio del termovalorizzatore al fine di offrire ulteriori argomenti di valutazione all’opinione pubblica. La mia riflessione parte da una costatazione inoppugnabile: dall’entrata in funzione di detto impianto e delle relative discariche la Città di Massafra ha subìto e continua a subire tutti gli effetti perniciosi e negativi senza aver ricevuto e senza ricevere alcun beneficio. Detto questo, il mio discorso seguirà due direzioni:
1) in tema di inquinamento ambientale non si può restringere il campo solo a ciò che avviene nei confini amministrativi di Massafra: i problemi di inquinamento da diossina e della tutela dell’ambiente vanno considerati nella loro globalità quantomeno su scala provinciale, allargando l’analisi all’intero territorio jonico.
2) Battendoci a testa bassa contro il raddoppio, a mio parere su dà per scontato che l’inceneritore esistente sia legale, ciò che, in via preliminare, è da dimostrare.
NUOVI IMPIANTI INQUINANTI. Da troppi anni stiamo vivendo in provincia di Taranto una situazione di emergenza ambientale che costringe il nostro territorio a pagare un prezzo altissimo in termini di inquinamento (dell’aria, dell’acqua, del suolo e del sottosuolo): l’alta percentuale per mortalità per tumori di ogni tipo ne è purtroppo la triste conseguenza. Le ferite inferte al territorio e all’ambiente sono ancora aperte, non rimarginano e riducono sempre più l’insieme delle risorse naturali e culturali che questa generazione consegnerà alla successiva. Non solo. Nell’ultimo decennio si segnala la tendenza a insediare nuovi impianti inquinanti che aggravano la già precaria situazione di vivibilità dell’ambiente (impianto di elettrozingatura nell’ILVA, nuovo inceneritore AMIU di Taranto, discarica di amianto di Statte, altri inceneritori ecc.) nonché i progetti di ampliamento della raffineria (triplicando la capacità di raffinazione), di costruzione di un rigassificatore e di creazione di una zona franca nel porto di Taranto. Lo Stato, da parte sua, ha trasferito in Mar Grande la base Nato di Napoli comprendente la flotta di sommergibili a propulsione nucleare, con tutti i pericoli connessi al rischio di incidente rilevante. Si tratta, come si può facilmente arguire, di interventi a forte impatto ambientale e con scarse ricadute occupazionali che sommano, al massimo di immissioni inquinanti, il minimo beneficio per gli abitanti del territorio. In questo quadro desolante solo la Magistratura di Taranto sta agendo come può contro quegli imprenditori che si ostinano a produrre violando la legge. A me pare che in tale situazione la nostra classe dirigente abbia perso la bussola e che debba orientarsi avendo chiaro il quadro normativo che impone di privilegiare e di salvaguardare l’ambiente e la salute quali beni supremi, prima di autorizzare modifiche dello status quo coll’insediamento di nuovi impianti invasivi o coll’ampliamento di quelli già esistenti, destinati in ogni caso a peggiorare l’inquinamento e il degrado ambientale, già pesantissimi. Abbiamo bisogno solo di interventi di risanamento che riducano in quantità e qualità le fonti inquinanti. Un termovalorizzatore anche se inquina poco, si va a sommare alla più alta percentuale di immissioni inquinanti esistente in Italia, aggravandola.
L’INCENERITORE DI MASSAFRA. Premetto che non sono pregiudizialmente contrario agli inceneritori come risposta al problema dei rifiuti. So anche che, finora, non vi sono studi scientifici che dimostrino la nocività di tali impianti, pur se è scontato che essi, anche gestiti bene, producano comunque diossina. Ove sia necessario e vi siano evidenti vantaggi sociali, sono favorevole a tale tipo di impianti purché siano progettati, costruiti e gestiti nella più stretta osservanza di tutte (sottolineo tutte) le norme comunitarie e nazionali e insediati dove siano ridotti al minimo i rischi per la salute, con rilevanti vantaggi per la Città.
A beneficio dei più giovani e per amore della verità, giova narrare la storia dei due impianti industriali sorti in territorio di Massafra, a poca distanza dalla Città, cioè l’inceneritore (chiamato eufemisticamente ‘termovalorizzatore‘) e l’annesso impianto di preselezione per la produzione di CDR, entrati in funzione nel 2004. La storia inizia l’11 agosto 2000, allorché il Consiglio Comunale di Massafra approvava l’emendamento n.22 al P.R.G. (con cui si destinava a zona D5 per depositi e impianti di rifiuti insalubri e pericolosi un’area di 48 ettari ove era previsto e dove poi è sorto detto impianto di incenerimento). La Città insorgeva contro tale destinazione urbanistica. Si costituiva il Comitato per la qualità della vita che, raccoglieva l’adesione di oltre 4000 cittadini prefiggendosi la promozione di un referendum popolare per l’annullamento delle delibere del Consiglio Comunale che avevano approvato la costruzione dell’impianto di incenerimento e di preselezione e produzione di CDR. Anche l’Archeogruppo partecipava a questa battaglia approvando un documento col quale, premessa la già pesante situazione di inquinamento ambientale di Massafra e del territorio circostante a cui si voleva aggiungere tale impianto di incenerimento per bruciare, non solo e non tanto i rifiuti di Massafra (pari ad appena 50 tonnellate al giorno), quanto piuttosto quelli di mezza Puglia che avrebbero richiesto lo smaltimento e la selezione in loco di oltre 700 tonnellate di RSU al giorno per la produzione di CDR, lamentava che la costruzione di tale impianto non sarebbe stata compensata né dalla chiusura della discarica controllata esistente né dall’effettivo disinquinamento del sito della discarica illegale, sita nella stessa contrada Console in una attigua cava di tufo, la cui bonifica nel 1993 fu impedita per spillare miliardi al Comune (vicenda su cui mi riservo di tornare in altra sede) . Tutto ciò, – si sottolineava – non avveniva in una landa deserta ma, in un’area fortemente antropizzata sin dalla più remota antichità, che mostrava chiaramente le vestigia di villaggi e necropoli di età preclassica e classica, insieme a monumenti storici e artistici di epoca medievale, destinata a Parco archeologico (su progetto di Caprara, Crescenzi e Scalzo), e in un territorio, quale quello massafrese, che deteneva la esclusiva, insieme a pochi Comuni limitrofi, della intera produzione agrumicola della Puglia nonché il primato nella produzione delle più pregiate varietà di uva da tavola: risorse queste, cioè quelle culturali turistiche e agricole, che venivano sempre più danneggiate e mortificate dall’alto rischio ambientale gravante sulla zona (Vedi DPR 23.4.1998 in Suppl. ord. n.196 alla G.U. n.280 del 30.11.98) e dai nuovi insediamenti industriali fortemente inquinanti (fonderia alluminio, impianto di recupero scorie di alluminio, impianto di elettrozingatura nell’ILVA, nuovo inceneritore AMIU di Taranto, discarica di amianto di Statte) invece di essere valorizzate e sviluppate ad ogni livello come meritavano: il tutto in dispregio delle norme sulla tutela dell’ambiente e della salute. L’intento non era quello di far chiudere l’impianto di incenerimento bensì di ottenere: 1) l’annullamento dell’emendamento 22 al PRG di Massafra; 2) la cessazione dell’emergenza rifiuti; 3) la partecipazione del Comune al capitale sociale della società di gestione dell’inceneritore; 4) l’affidamento dei controlli a esperti universitari di alto livello scientifico; 5) la prescrizione di misure supplementari più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili (es. eliminazione dei pneumatici e della gomma dalla composizione del CDR); 6) la conversione dell’inceneritore AMIU di Taranto in un impianto meno inquinante; 7) il monitoraggio in continuo sull’inquinamento atmosferico di Massafra e di Taranto con la pubblicazione periodica dei risultati e l’adozione di provvedimenti idonei a migliorare la qualità dell’aria; 8) la effettiva bonifica della discarica abusiva in contrada Console; 9) in mancanza, l’apertura di un procedimento di infrazione alle norme del Trattato CEE nei confronti dell’Italia.
Tale articolata denuncia veniva distribuita al Sindaco e a tutti i consiglieri comunali il 5.10.2000 nonchè inviata con distinte raccomandate a.r. alla Commissione Europea, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri dell’Industria, dell’Ambiente, della Sanità e per i Beni e le Attività Culturali, al Presidente della Regione Puglia, al Presidente della Provincia, al Prefetto di Taranto, all’ASL TA 1, al Sindaco di Massafra, al Sindaco di Taranto, all’AMIU. Il movimento di opinione e la motivata denuncia dell’Archeogruppo ottenevano la immediata revoca dell’emendamento 22 da parte del Consiglio Comunale nella seduta del 5.10.2000, tuttavia l’inceneritore veniva autorizzato e costruito. Nessuna delle Autorità nazionali adite rispondeva, neppure per comunicare le generalità dei funzionari responsabili del procedimento, in violazione dell’art. L.241/90. Solo la Commissione Europea dava riscontro all’esposto dell’Archeogruppo rubricandolo come reclamo. All’epoca, ricordo che era stata promessa ai cittadini di Massafra la riduzione di 5 Lire sul costo dell’energia elettrica. Invece, da allora, registriamo continui aumenti della TARSU che è la più alta del mondo e paghiamo un’addizionale sulla bolletta Enel in forza del provvedimento CIP 6 (delibera del Comitato Interministeriale Prezzi adottata il 29 aprile 1992, in Gazzetta Ufficiale n°109 del 12 maggio 1992, con cui sono stabiliti prezzi incentivati per l’energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e “assimilate), cioè lo Stato paga più cara l’energia elettrica prodotta dai termovalorizzatori e ne addossa l’onere anche a noi utenti massafresi che paghiamo già un costo altissimo in termini di danno alla salute per le immissioni provenienti anche da tale impianto.
IL GIUDIZIO DI INFRAZIONE ALLE NORME DEL TRATTATO CEE. Con nota del 25.10.2002, la Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea comunicava che in data 16.10.2002 la Commissione aveva deciso di inviare all’Italia una lettera di costituzione in mora in relazione al reclamo relativo alle discariche ed impianti di trattamento rifiuti di Massafra. Riuscite vane le richieste bonarie, la Commissione in data 5.8.2004 presentava ricorso alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee promuovendo la procedura di infrazione alle norme del Trattato CEE. Il giudizio di infrazione si concludeva con sentenza del 23 novembre 2006, con la quale la Corte di Giustizia accoglieva il ricorso della Commissione e, per l’effetto, dichiarava che la Repubblica Italiana era venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli articoli 2, n.1, 4, nn. 1, 2 e 3 della direttiva 85/337/CEE, per i seguenti motivi:
a) per avere dispensato dalla procedura di impatto ambientale l’impianto sito in Massafra, destinato all’incenerimento di combustibili derivati da rifiuti e di biomasse, avente una capacità superiore a 100 tonnellate al giorno e rientrante nell’allegato I, punto 10, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione d’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE,
b) per avere adottato una norma quale l’art.3, primo comma del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, intitolato “Atto di indirizzo e coordinamento che modifica ed integra il precedente atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art.40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994 n.146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale”, recante modifica all’allegato A, lett i) ed l) del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, intitolato “Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art.40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994 n.146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale”, la quale consente che i progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, rientranti nell’allegato I della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 97/11, siano sottratti alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. 2, n.1, e 4, n.1 della detta direttiva,
c) per avere adottato una norma quale l’art.3, primo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999, la quale, per stabilire se un progetto rientrante nell’allegato II della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 97/11, debba essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale, fissa un criterio inadeguato, in quanto questo può portare all’esclusione della detta valutazione di progetti che hanno rilevanti ripercussioni sull’ambiente.
In pratica, l’Italia veniva riconosciuta colpevole della violazione del diritto comunitario per aver autorizzato la costruzione dell’impianto di incenerimento di Massafra (avente capacità superiore a 100 tonnellate al giorno) senza averlo sottoposto alla previa procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Di conseguenza quell’impianto, privo di V.I.A., era da considerare ed è illegale. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (affermatasi a partire dalla sentenza Van Gend & Loos del 1963), il diritto comunitario ha effetto diretto negli Stati membri e, inoltre ha la supremazia sulla legislazione nazionale (Vedi sentenza Costa 1964) e ogni Stato membro è responsabile nei confronti dei singoli cittadini per i danni che siano stati loro causati dalla violazione del diritto comunitario da parte dello stesso Stato (Vedi sentenza Francovich e altri, 1991). Per effetto del principio della supremazia del diritto comunitario rispetto a quello nazionale, tutti gli atti amministrativi e negoziali in contrasto con norme comunitarie sono nulli e improduttivi di effetti in quanto emessi in violazione di norme imperative e gli Enti che li hanno emanati hanno l’obbligo di revocarli e di provvedere alle determinazioni conseguenti. In base al principio della responsabilità degli Stati membri, ogni cittadino può agire in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni contro lo Stato che violi una norma comunitaria.
REAZIONI POLITICHE. In generale sulla sentenza della Corte Europea si è levato dal mondo politico un silenzio assordante. Reazioni in loco o non ce ne sono state o sono state mirate a minimizzare l’importanza della pronuncia, del tipo ‘la cosa non ci riguarda‘. L’Assessore Regionale all’Ecologia, per esempio, dichiarava che “La condanna dell’Italia da parte della Corte europea della UE per la mancata V.I.A. all’inceneritore di Massafra coinvolge non la Regione quanto la legislazione italiana e le sue eccessive disponibilità verso logiche sviluppiste” (comunicato stampa del 24.11.2006). Tuttavia, lo stesso Assessore in data 25.1.2007, rettificava il tiro comunicando di aver chiesto alla società che gestisce l’impianto “di avviare con la massima celerità formale procedimento di VIA per l’impianto termovalorizzatore di Massafra”. Quasi che sia possibile effettuare la procedura di V.I.A. con l’impianto già costruito e in funzione. Non conosco l’esito di tale procedura, se c’è stata, ma immagino che la stessa fosse finalizzata a legittimare l’impianto esistente. In contrario segnalo la tesi di laurea in ingegneria di una valente professionista di Massafra, avente come oggetto “Valutazione di impatto ambientale su un impianto inceneritore in territorio di Massafra”; tale studio dimostrava che il sito attuale, in base ai dati tecnici e alle verifiche effettuate, è quello meno indicato tra quelli esaminati, perchè espone Massafra, in base ai venti prevalenti, a ricevere in maggior misura i gas di scarico immessi dall’impianto.
In data 13 dicembre 2006, ad iniziativa e a firma degli onorevoli deputati Grillini, Duranti e Vico, veniva depositata alla Camera dei Deputati l’interrogazione a risposta orale n.3/00489 chiedendo al Governo quali iniziative intendesse adottare per porre fine all’inadempimento delle norme comunitarie come accertato dalla sentenza della Corte di Giustizia UE del 23 novembre 2006 nonché quali iniziative lo stesso Governo intendesse adottare per porre rimedio al grave problema della devastazione ambientale e del sicuro pregiudizio derivante alla salute dei cittadini di Massafra e di tutti i paesi del comprensorio, già notevolmente degradato a causa della presenza di numerose discariche e dell’industria siderurgica. Tale interrogazione attende ancora una risposta dal Governo. Le reazioni politiche seguite alla sentenza della Corte di Giustizia U.E. non sono ispirate a norme di correttezza e di buona amministrazione: poiché la Corte europea ha accertato che quell’impianto è stato autorizzato senza il procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) e che per questo è illegale, un buon amministratore (in ossequio al principio della supremazia del diritto comunitario) avrebbe dovuto revocare, o quantomeno sospendere, gli atti autorizzativi emanati per il funzionamento di detto impianto. Poichè la norma che autorizzava la costruzione di quell’impianto senza la V.I.A. è stata dichiarata contraria alle norme comunitarie, la continuazione dell’attività di quell’impianto è contraria alla legge comunitaria e coloro che tollerano e permettono con la loro inerzia che tale attività contra legem continui si assumono in prima persona le relative responsabilità. Pertanto, ritengo che nella questione non si possa prescindere dalle vicende relative all’inceneritore esistente sicchè prima di battersi per il no al raddoppio, non si possa ignorare che, in base alla citata sentenza della Corte Europea, l’impianto esistente non è legale sicchè occorre preliminarmente ristabilire il rispetto e l’osservanza della legge. Personalmente, ribadisco di non essere contrario alla costruzione di inceneritori/termovalorizzatori, a patto che essi: 1) vengano progettati e costruiti (ricorrendone i presupposti) nel pieno rispetto di tutte le norme di legge comunitarie e nazionali, 2) vengano insediati in zone (per es. sotto le Pianelle) ove le relative immissioni nell’aria non possano nuocere agli abitanti di Massafra; 3) la Città ne tragga evidenti benefici (riduzione TARSU, esonero dall’addizionale CIP 6, teleriscaldamento ecc.). È pretendere troppo?
Caro Giulio,
ho letto con molta attenzione e partecipazione il tuo contributo che sottolinea la situazione di illegalità in cui è sorto e funziona un termovalorizzatore che nessun vantaggio ha apportato alla cittadinanza massafrese che ne sopporta le conseguenze negative sul piano della salute. Ricordo benissimo l’abnegazione con cui, per spezzare il fronte anti-valorizzatore al tempo della truffaldina costruzione, gli amministratori comunali misero in giro e diffusero in modo capillare la falsa notizia secondo la quale i Massafresi avrebbero pagato 5 euro al kw in meno l’eneregia elettrica. Era una bugia consapevolmente diffusa da amministratori infedeli nei confronti dei loro amministrati, a proposito dei quali è forse legittimo chiedersi se tanta abnegazione nei confronti della costruzione del termovalorizzatore non fosse determinata da inconfessabili interessi privati o, quanto meno, di ignoranza e incapacità e quindi di inadeguatezza a ricoprire le cariche pubbliche di cui erano investiti.
Io sono uno storico del Medioevo, ma posso suggerire agli storici dell’Età contemporanea, che a Massafra npn mancano certo, di cercare i documenti ufficiali dell’epoca (ci sarà stato un dibattimento in Consiglio comunale) per consegnare alla Storia i nomi dei molti che favorirono la truffaldina iniziativa e dei pochi (se pure ce ne furono) che vi si opposero.
L’anonimato non giova, quando si tratta di attribuire precise responsabilità. Gli amministratori a tutti i livelli (deputati, senatori, ministri compresi) sappiano che, se godono di privilegi sempre meno tollerati dai cittadini, devono anche sopportare di render conto delle loro responsabilità. Anche quando sono soltanto consiglieri comunali o sindaci di Massafra.
E’ tempo che la città intera, con un sussulto di etica e di dignità, si mobiliti a difesa del rispetto assoluto della legalità, anche quando si tratta di contrastare i cosiddetti ‘poteri forti’, che poi sono quelli del danaro e della corruzione che il danaro consente e favorisce.
Non ho dimenticato la solitudine dell’Archeogruppo nel presentare il ricorso contro il termovalorizzatore, nella latitanza, all’epoca, delle Associazioni ambientaliste che troppo tardivamente, ora, insorgono contro il raddoppio dell’impianto. Allora, quando la battaglia sarebbe stata più facile, se condotta coralmente, dove erano?
Assolutamente non è pretendere troppo; ma per me ale lo stesso dicorso per la viabilità del centro storico. Una malignità me la consentirai amico mio: non è che la giusta battaglia per la tutela dell’ambiente nasconde una guerra tra due o tre potentati economici locali?
Scusa ma mi è scappata.
Salutoni.
Enzo Stellaccio
Caro Enzo,
purtroppo quella da te indicata è la tattica con cui a Massafra si fanno naufragare tutte le battaglie per la legalità e la democrazia. Se qualcuno inizia una battaglia per il rispetto della legge viene subito marchiato come amico di o come nemico personale di, o sospettato di essere il fantoccio di qualcuno.
Ti posso assicurare che sono amico di tutti, anche della triade degli amici a cui hai fatto riferimento. Se Tonino il nuovo impianto lo realizza nella parte Nord di Massafra, anzichè nell’attuale sito, questo significa essere suo nemico?
Io non lo sono e spero che se tutti ci sforziamo di liberarci dalla camicia di forza della diffidenza reciproca e combattiamo uniti per il rispetto della legge, le cose andranno meglio a Massafra, a Palagiano e in Italia.
Ti abbraccio affettuosamente
Giulio
Caro Giulio,
non mi riferivo alla Tua persona; la stima nei Tuoi riguardi mi impedisce di ipotizzare un simile pensiero; mi riferivo a chi potrebbe stare dietro a queste battaglie per altro sfruttando il ns. impegno in favore della democrazia, della legalità, della salute e sopratutto della giusitizia.
Un abbraccio.
Enzo Stellaccio
Caro Giulio,ho ricevuto ed apprezzato il tuo intervento in tema termovalorizzatore,sappiamo quanto sia difficile oggi affermare quei principi di legalità i quali dovrebbero garantire il più totale diritto a tutela della società e della persona umana ,detto ciò condivido il tuo pensiero di non contrarietà apriori per la realizzazione di impianti in discussione purche questi vengano realizzati nel più totale rispetto delle regole le quali nel caso specifico come tu bene ai evidenziato sono macroscopicamente evase.Come ben sai nella nostra realtà cittadina è difficile creare una coscienza civica che con forza riesca a contrapporsi ed avviare un azione di discernimento per quello che può essere il futuro e il bene della nostra comunità, intanto non smettiamo di testimoniare con l’esempio personale il nostro pensiero fiduciosi e speranzosi. Un abbraccio, Peppe
GRAZIE GIULIO PER IL DOCUMENTO.
PENSO DI UTILIZZARNE ALCUNI SPUNTI UTILI ANCHE PER CONTRASTARE IL TERMOVALORIZZATORE-INCENERITORE DI GINOSA PREVISTO IN ZONA AGRICOLA.
SALUTI
Ho letto con attenzione l’articolo dell’Avv. Giulio Mastrangelo che non ho il piacere di conoscere personalmente ma so persona competente e rigorosa.
Dico subito che non sono d’accordo con le due “direzioni” con cui ha sviluppato il suo lungo ragionamento e neanche con la conclusione e me ne dispiaccio.
La prima:
Non capisco questa diffusa opinione secondo la quale per poter fermare il secondo inceneritore di Massafra si deve fermare mezzo mondo.
Beninteso lo ritengo giusto come ragionamento non fosse altro che l’aria non si ferma ai confini di niente (Comune,Provincia o Stato)..non capisco invece la conclusione di questo ragionamento…siccome voi vi occupate solo di Massafra io non partecipo perchè è una lotta inutile.
Una volta lo slogan degli ambientalisti (io non lo sono..io sono un ingegnere industriale che costruisce e gestisce impianti ) era “Pensare globalmente e agire localmente”.
MI sembra molto attuale.
La seconda:
Questa considerazione è ancora più incomprensibile.
Ma come può essere che battendoci a testa bassa contro il Raddoppio giustificheremmo il primo impianto.
Io stò cercando,ormai da mesi dati sulla emissione dell’impianto in esercizio.
Non ne trovo di affidabili (quelli auto-certificati dall’Azienda io li ritengo semplicemente inesistenti) nei siti dell’ente preposto (ARPA) e abbiamo fatto una richiesta di accesso agli atti per vedere cosa è stato emesso dal quel camino negli otto anni trascorsi.
Io voglio provarci anche per questa via a dare motivazioni agli enti per non raddoppiare.
Ma secondo me è illogico rimanere inermi sul raddoppio a maggior ragione se si ipotizza una procedura illegale sul primo.
Proposta:
Battiamoci a testa bassa contro il raddoppio tutti insieme e, scongiurato questo atto scellerato, ci dedichiamo allo studio di un possibile ricorso legale sul vecchio impianto.
La conclusione:
Non è più necessario costruire inceneritori.
Non è più necessario essere contro o a favore.
In Europa li stanno dismettendo perchè la raccolta differenziata produce materie prime che con i prezzi dei mercati internazionali diventano molto competitive.
Tra poco (ma stà già succedendo) i paesi più evoluti ci chiederanno l’indifferenziata non per fare CDR e bruciare ma per differenziare e vendere.
Noi arriveremo come al solito tra 10 anni…perchè abbiamo un Tonino che vuole bruciare….auguri a Massafra.
Ing.Luigi Ambruoso
(Comitato per la corretta gestione dei Rifiuti)