Giovedì sera, 15 dicembre 2011 alle ore 19:30, presso lo Spazio Culturale Domenico Mastrangelo in via Ladiana n. 2 a Massafra, si terrà un nuovo appuntamento con gli Incontri in Archeogruppo nel quale l’ing. Antonio Tagliente presenterà il suo volume “La colomba di Archita”, Ed. Scorpione.
Siamo ormai abituati alle ricostruzioni dello splendore della Taranto del V e IV secolo a.C., ma l’autore ci propone invece una prospettiva davvero nuova ed interessante dalla quale osservare la cultura di quei secoli e i frutti che ne derivarono; ed infatti il vero protagonista delle pagine di questo libro è proprio lo spirito “scientifico” e “tecnologico” dei nostri padri, che di solito ignoriamo, attratti forse più dagli aspetti classici della cultura del periodo, quali la poesia, il teatro e la filosofia. L’autore ci sorprende subito mostrando come Filolao, pitagorico del V secolo a.C., avesse dedotto, dall’irregolarità del moto dei pianeti, il vero assetto del sistema solare: non geocentrico ma pirocentrico, caratterizzato quindi da un fuoco centrale intorno al quale ruotano la Terra, la Luna, il Sole e tutti i pianeti allora conosciuti. A parte qualche imprecisione è davvero notevole la sagacia deduttiva di Filolao, il quale capisce che, per “salvare i fenomeni” osservati, è necessario cambiare radicalmente la prospettiva, anticipando di un secolo la proposta eliocentrica di Aristarco di Samo, astronomo ellenistico e di ben duemila anni la più nota rivoluzione copernicana. Davvero moderna ci appare poi la fiducia di Filolao nelle capacità dell’uomo di comprendere la natura con l’ausilio dei numeri, che discende direttamente dalla convinzione pitagorica che “la natura è armonia” e che “tutto è numero”. Degno allievo di così grande maestro è poi Archita, che, secondo l’autore, è addirittura il vero primo fondatore della scienza dell’ingegneria, nel senso di un’applicazione alla meccanica dei principi astratti della geometria e della matematica. L’autore propone infatti di interpretare l’interesse matematico del Signore di Taranto per il problema di Delo (la duplicazione del cubo), di cui Archita fornì una brillante soluzione, come strettamente connesso al suo interesse per la meccanica: in particolare il pensatore tarantino avrebbe elaborato un principio di armonia di scala, utilissimo per il dimensionamento e la verifica di alcuni componenti meccanici, rendendosi quindi protagonista di una vera e propria rivoluzione metodologica, consistente in un approccio sistematico alla meccanica mediante l’utilizzo di principi matematici e anticipando quindi di un secolo le indagini altrettanto sorprendenti e raffinate che gli ingegneri alessandrini eseguiranno in epoca ellenistica. Con Archita, Taranto diventa quindi, secondo l’autore, la sede di una proto-scuola di ingegneria, la prima di cui ci sarebbe, se pur piccola ed indiretta, una traccia nella tradizione e assurge quindi a vero centro di eccellenza, non solo economico e militare ma anche e soprattutto culturale. Le ipotesi suggestive avanzate sono ancorate saldamente alla tradizione storica: Diogene Laerzio, Plutarco e Vitruvio, tra gli altri, sono continuamente interpellati, poiché ad essi vien fatto riferimento da parte dell’autore, in mancanza di prove documentali certe (ricordiamo che il trattato sulla meccanica di Archita è purtroppo andato perduto). Al termine della lettura, indipendentemente dalla condivisione o meno della tesi proposta dall’autore, si ha la netta sensazione che le distanze tra noi uomini moderni e i nostri padri, vissuti venticinque secoli fa, si siano ridotte: sembra quasi di scorgere in loro il nostro stesso spirito e quella stessa fiducia nelle capacità dell’uomo di comprendere la natura con gli strumenti matematici. Può apparire strano oggi, ma la cifra più significativa della modernità e cioè la fede nella scienza e nella tecnologia sembra affondare le radici ultime in un tempo assai remoto, quando un uomo, a Taranto, fece volare una colomba di legno e intanto mutò per sempre l’approccio alla meccanica: il suo nome era Archita e noi siamo figli suoi.
L’ing. Antonio Tagliente è laureato in Ingegneria elettronica presso il Politecnico di Torino, dove ha superato anche l’Esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione, ha frequentato poi il corso di Project Management presso la Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi di Milano. Dopo un’esperienza di lavoro sulle coste del Mar Rosso (Arabia Saudita) nella costruzione di una centrale elettrica e di un dissalatore multistadio, è rientrato in Italia, lavorando prima in Sicilia (nella costruzione di moduli off-shore per la ricerca di gas metano nel Mar del Nord) e poi a Verona e a Milano (nella progettazione e costruzione di impianti di cogenerazione per la produzione contemporanea di energia elettrica e termica). È attualmente Dirigente tecnico presso il gruppo Ravagnan Spa, di Padova, leader nel settore del Trattamento Acque Industriali sia in Italia e sia all’estero (Francia, Spagna, Germania, Russia, Messico). Ricopre anche l’incarico di Amministratore Delegato della Ravagnan Gestione Impianti, una delle società del gruppo e di coordinatore tecnico della Tecoelettra srl, società operante nel settore dell’impiantistica elettrica e dell’automazione industriale. È iscritto all’Ordine degli Ingegneri ed è Consulente Tecnico d’Ufficio presso il Tribunale di Taranto. Appassionato, sin da studente, di storia della scienza ed in particolare di storia dell’ingegneria, ha già tenuto due conversazioni, entrambe organizzate dagli Amici dei Musei, presso il Museo Archeologico di Taranto: una dal titolo “Leonardo da Vinci e gli ingegneri del suo tempo” e l’altra “Gli ingegneri in età ellenistica e il mistero di Antikythera” che ci riproporrà appunto in questo incontro. Dall’anno 2005 è socio degli Amici dei Musei di Taranto.